Origini della parola Namasté
Una delle parole più belle apprese dalla cultura indiana-asiatica è, senza dubbio, Namasté. Ma, noi occidentali, siamo davvero sicuri di conoscerne il significato profondo?
Ebbene, ci sarà spesso capitato di sentirla pronunciare al termine di una lezione yoga, accompagnata da un leggero inchino del capo e dalle mani congiunte portate all’altezza del petto, del mento e della fronte. Eppure, ciò che si vuole esprimere pronunciando la parola Namasté va oltre quello appare un semplice saluto.
Il significato di Namasté
Dal sancrito namas = inchinarsi con reverenza te = a te , si vuole indicare la riconoscenza della parte divina (insita in ognuno di noi) della persona alla quale ci sta ponendo. Dunque, non ci si inchina all’altro in quanto essere umano, ma in quanto essere spirituale in un corpo umano. “Io mi inchino a te” significa in questo caso “rendo omaggio a te”, con riferimento all’anima, in quanto portatrice dell’essenza divina.
In tante culture e religioni orientali si crede fortemente che l’anima sia situata all’altezza del cuore. Pronunciare Namasté, portando le mani a preghiera sul petto mentre ci si inchina, è quindi un segno di gratitudine e riconoscenza. Nella cultura indiana, questo gesto, ha una valenza simbolica e viene considerata un mudra, ovvero un movimento effettuato con le mani che dona beneficio al corpo, alla mente e allo spirito.
Il gesto di congiungimento delle mani, invece, viene chiamato anjali = onorare/celebrare. Unendo le mani, simbolicamente, si crea l’unione tra materia e spiritualità, dove la materia è rappresentata dalla mano sinistra e la spiritualità dalla mano destra. Accompagnando questo gesto chinando leggermente il capo, si vuole comunicare a se stessi e agli altri, che si è totalmente immersi nel momento spirituale.
Quando e come utlizzare questa parola
Come detto inizialmente, questa è una pratica molto nota per chi è solito esercitare yoga. Va detto però, che gli utilizzi sono molteplici: anche quando ci si rivolge ad una persona anziana, pertanto ritenuta saggia, la si saluta con Namastè. Se si saluta così una persona più giovane, si vuole invece sottintendere il rispetto verso il prossimo.
Ad oggi, non conosciamo con certezza quando sia nata questa parola, ma è presente in alcune raffigurazioni indiane risalenti a circa 3000 anni fa. Il simbolo raffigurante è quello dell’Om, molto noto anche nella cultura occidentale, riconosciuto come il suono che ha creato il Tutto.
Una grande sacralità, dunque, quella del termine Namasté. Una parola che arriva dal cuore e che al cuore fa appello, dove l’anima risiede e gioisce quando con amore si sente toccata.
Di Silvia Scanu