La mano dell’uomo nella mutazione del clima?
I cambiamenti climatici, ovvero la mutazione pressoché globale del clima terrestre, negli ultimi 150 anni ha subito in maniera inequivocabile e in gran parte irrimediabile, le conseguenze dell’azione umana. Quello che prima era un fattore dovuto all’interazione tra il clima e gli altri fenomeni naturali, si è trasformato in una conseguenza dell’impatto dell’uomo sull’ambiente e dunque, sul clima.
La mutazione climatica ha virato e sta ancora virando, velocemente, in direzione del riscaldamento globale, le temperature si stanno alzando con conseguenze per tutto l’ecosistema e questo, negli ultimi anni, ha portato ad un bombardamento mediatico volto a modificare molti dei comportamenti umani che interagiscono negativamente con l’ambiente e con le altre forme di vita.
Una parte dell’opinione pubblica ha accusato gli ambientalisti di allarmismo, ma d’altro canto molte persone si sono rese conto che era veramente arrivato il momento di cambiare le cose, per evitare che molte specie venissero danneggiate irrimediabilmente, per evitare che la biodiversità fosse compromessa per sempre e che le popolazioni che abitano le zone più calde del paese fossero costrette ad ulteriori migrazioni di massa dovute, questa volta, ai cambiamenti climatici.
All’interno di questo quadro, però, c’è un elemento che non è possibile prevedere, ovvero, la reale capacità delle specie di adattarsi ai cambiamenti climatici, che di fatto, fanno parte del ciclo vitale del nostro pianeta, il che non esclude assolutamente la nostra responsabilità a riguardo e il doveroso impegno che dovremmo mettere in ogni gesto quotidiano al fine di salvaguardare il pianeta che da sempre ci ospita.
Dei recenti studi stanno dimostrando che alcune specie sembrasi stiano adattando meglio del previsto; i cambiamenti climatici fanno parte della vita del nostro pianeta e di conseguenza le specie hanno sviluppato un sistema di adattamento spontaneo atto alla loro stessa sopravvivenza, ma la questione è, riusciranno a cambiare abbastanza in fretta?
Due recenti studi sulle farfalle californiane e su alcuni tipi di corallo del pacifico, danno motivo di pensare che la risposta possa essere si, che la capacità di adattarsi delle specie possa essere abbastanza veloce da salvarle, o almeno da salvarne molte, dal riscaldamento globale che è in atto.
Gli indicatori dei cambiamenti climatici
Recentemente, la ricercatrice Camille Parmesan dell’ Istituto di Scienze Marine della Plymouth University nel Regno Unito, ha affermato che dopo aver osservato per anni le quino cherckerspot, un tipo di farfalle che vivono tra Messico e California, era ormai convinta che si sarebbero estinte a breve a causa del cambiamento climatico, ma si è poi dovuta ricredere quando ha scoperto che questo tipo di farfalla ha sviluppato un comportamento adattativo volto a superare l’ostacolo. Le quino si sono spostate su una gamma di altitudini più alta ed hanno imparato a deporre le uova su una nuova pianta ospite.
Un comportamento simile hanno avuto i coralli delle Samoa americane; solitamente i coralli non tollerano bene l’aumento della temperatura marina, il riscaldamento delle acque causa infatti un fenomeno chiamato “bleach” che li porta a sputare, letteralmente, fuori le alghe che abitualmente vivono al loro interno generando fotosintesi e questo comporta non solo la perdita del colore, ma anche della loro energia vitale. I coralli delle Samoa, però, sembra abbiano deciso di far fronte all’avanzare del riscaldamento globale. Grazie ad una serie di test, l’ecologo marino Stephen Palumbi della Stanford University in California, ha potuto recentemente dimostrare che questi coralli reagiscono positivamente allo stress termico, ovvero, si adattano e riducono la percentuale di elementi colpiti dal “bleach”, in termini più semplici, sotto stress termico solo il 32% dei coralli sputa via le alghe a loro indispensabili per la fotosintesi, il restante 70% “rifiuta” il “bleach”.
La natura sta reagendo per cercare di porre rimedio ai danni provocati dall’essere umano negli ultimi 150 anni, sta reagendo positivamente e questo non deve essere una scusa per pensare che non sia così grave quello che sta accadendo al nostro paese, ma al contrario una spinta ad essere più attivi e positivi nei confronti del nostro ambiente e di un corretto comportamento eco-sostenibile, che ci indirizzi verso acquisti e consumi etici e sostenibili che vedono la salvaguardia dell’ambiente, del territorio e delle specie che lo abitano come un punto fermo per valutare la qualità di un’azione, di un acquisto o del prodotto stesso.
Di Giordana Pagliarani